by publisher | Novembre 2, 2020 4:58 PM
Gigi Proietti è morto. Oggi avrebbe compiuto 80 anni.Il noto attore romano è deceduto a Roma nella clinica Villa Margherita intorno alle 5.30. Le sue condizioni si erano aggravate ieri sera. Proietti era ricoverato da 15 giorni per problemi cardiaci È stato uno dei più noti attori italiani di cinema e teatro.
Proietti, il cui nome all’anagrafe era Luigi, era nato a Roma nel 1940 e studiò prima al liceo classico e poi Giurisprudenza all’università, senza però mai laurearsi. Si appassionò al teatro durante gli anni dell’università e nel 1955 fece la comparsa nel film Il nostro campione, diretto da Vittorio Duse. Secondo il suo sito ufficiale, il suo «vero e proprio debutto» teatrale fu invece nel 1963, nel cosiddetto “teatro-cabaret”, in Can Can degli italiani. A proposito della nascita della sua passione per il teatro, nel 2016 Proietti spiegò:
Ci arrivai per caso. Non ero abitato dal fuoco sacro, semmai dal fuoco fatuo. Avevo fatto dei provini. Ma non è che avessi una cultura teatrale. Feci piccole cose. Erano gli anni in cui a Roma c’erano le famose cantine e si faceva molta avanguardia. Restai folgorato da Carmelo Bene che recitava in Caligola di Albert Camus. Carmelo curò anche la regia e i costumi. Lo guardai con ammirazione. Aveva solo tre anni più di me. Ma era come se tra di noi ci fossero secoli di distanza.
Appassionato anche di musica, Proietti continuò quindi alternando il teatro più “impegnato”, il teatro cabaret, le esibizioni in locali e night club e il cinema: spesso recitando in commedie, ma avendo anche ruoli drammatici oppure occupandosi di doppiaggio. E dalla fine degli anni Sessanta, con lo sceneggiato I grandi camaleonti, Proietti iniziò anche a lavorare in televisione.
Nel cinema, Proietti si fece notare in Le piacevoli notti del 1966, nel quale (interpretando un maresciallo) recitò insieme a Vittorio Gassman e Gina Lollobrigida, e poi in alcuni film di Tinto Brass. Negli anni Settanta recitò in La proprietà non è più un furto di Elio Petri, in Casotto insieme a Ugo Tognazzi (e a una giovane Jodie Foster) e in Le farò da padre di Alberto Lattuada. Nel 1976 interpretò poi quello che è probabilmente il suo personaggio più noto: Bruno Fioretti, più noto come Mandrake e protagonista della commedia Febbre da cavallo, diretta da Steno, e negli anni diventata un film cult.
In televisione, sempre negli anni Settanta, Proietti si fece apprezzare nel varietà Fatti e fattacci, di cui fu conduttore insieme a Ornella Vanoni, e per lo sceneggiato L’amaro caso della baronessa di Carini.
Nel 1974 fu protagonista di un popolare spot elettorale a favore del NO in vista del referendum abrogativo della legge sul divorzio, che si tenne il 12 e il 13 maggio di quell’anno e che fu poi vinto dal NO.
Dagli anni Ottanta in poi, Proietti si dedicò poco al cinema e più a teatro e televisione, dove nel 1983 fu conduttore del varietà Fantastico 4 e protagonista del programma Io a modo mio. Dal 1996 fino al 2005 fu poi protagonista del Maresciallo Rocca, la fiction Rai in cui interpreta il protagonista, il maresciallo Giovanni Rocca, a capo della stazione dei carabinieri di Viterbo.
Negli anni Proietti – che oltre a cinema, televisione e teatro si dedicò alla radio – si fece notare anche come doppiatore, dando la sua voce ad attori come Robert De Niro, Richard Burton, Dustin Hoffman, Charlton Heston, Marlon Brando, Sylvester Stallone (in Rocky, il primo, del 1976) e anche al genio del film Disney Aladdin, uscito nel 1992.
Negli ultimi anni Proietti aveva recitato in una serie di commedie leggere, aveva condotto e partecipato a diversi programmi televisivi (come il varietà del 2017 Cavalli di battaglia) e nel 2019 era stato Mangiafuoco nel Pinocchio di Matteo Garrone. Dopo il 2000, Proietti ebbe anche l’idea di costruire a Roma, a Villa Borghese, il Globe Theatre, di cui è stato anche direttore: «c’erano le siringhe per terra e ora si fa Shakespeare», disse parlandone.
Intervistato a marzo dal Corriere della Sera, Proietti aveva raccontato che stava «pensando a un Molière» e a uno spettacolo da fare «con una compagnia tutta di giovani attori» e qualche anno prima, a una giornalista che gli aveva chiesto se si sentisse “erede di Ettore Petrolini”, rispose: «Mi piace l’ironia dei romani di una volta. Ma quando a Petrolini gli dicevano che discendeva dalla Commedia dell’Arte, rispondeva: “Io discendo dalle scale di casa mia”».
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